L’IMPORTANTE LEGAME TRA I DISORDINI DELL’ALIMENTAZIONE E LA SALUTE DENTALE

DNA E CAVO ORALE: COSA SAPERE PER UN SORRISO SANO E BELLO


I Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione (DNA) hanno un forte impatto sulla salute generale dell’individuo e possono avere anche degli effetti negativi sul benessere e sull’estetica del cavo orale: è importante una diagnosi precoce dei segni che queste problematiche possono far comparire, per evitare la cronicizzazione e l’eventuale aggravarsi dei disturbi stessi.


Molte manifestazioni oro-dentali dei DNA appaiono già dalle prime fasi della malattia e possono costituire un campanello d’allarme e rappresentare uno spunto per una tempestiva analisi, aumentando così le possibilità di guarigione del Paziente.


L’igienista dentale è la figura che all’interno di uno studio odontoiatrico assolve, nei Pazienti con disturbi alimentari, una funzione preventiva e intercettiva, raccogliendo informazioni relative alle loro abitudini alimentari e di igiene orale.

Questa figura è in grado di elaborare un programma “su misura” di motivazione e istruzione alla salute della bocca e a un regime alimentare equilibrato, tenendo conto delle indicazioni già eventualmente fornite dal medico di base, dall’odontoiatra, dal nutrizionista, dallo psicologo, dallo psichiatra, dal gastroenterologo… Risulta essenziale e auspicabile nei Pazienti affetti da DNA un’attenzione sinergica da parte dei medici specialisti e del team odontoiatrico, al fine di accompagnarli verso la guarigione e assisterli efficacemente nel caso di eventuali ricadute.


Ma quali sono le manifestazioni orali dei DNA? E quali i comportamenti da attuare per evitarne un
aggravamento?

Erosione dentale
L’erosione dentale è quel processo che vede il lento sciogliersi dei denti a causa di agenti acidi; può essere causata da agenti esterni, come l’assunzione eccessiva di bevande acide o zuccherine, o legata al passaggio acidi dallo stomaco alla bocca, ad esempio nei casi di reflusso esofageo, vomito autoindotto, ruminazione…
I principali segni di un processo di erosione dentale sono:

  • logoramento delle superfici (soprattutto a livello delle pareti interne dei denti frontali)
  • riduzione del volume (abbassamento per minor resistenza dei denti in fase di masticazione)
  • ingiallimento dentale (lo smalto, che viene a ridursi, è ciò che garantisce il bianco del nostro sorriso).
  • aumento della sensibilità
  • facilitata formazione di carie
    Per mantenere un cavo orale sano e protetto è essenziale:
  • sottoporsi a controlli regolari e seguire le indicazioni fornite dagli specialisti per cambiare/eliminare le cattive abitudini
  • utilizzare spazzolino a setole morbide (meglio se elettrico, con sensore di pressione e programma delicato) con corretto metodo di spazzolamento
  • utilizzare quotidianamente strumenti di igiene interdentale come filo e scovolini
  • utilizzare prodotti remineralizzanti (dentifrici, collutori, mousse…)
  • bere almeno 1,5 litri d’acqua al giorno per garantire una saliva abbondante e protettiva per lo
    smalto dentale
  • sciacquare con abbondante acqua in caso di assunzione di cibi acidi o zuccherini o in caso di
    rigurgiti e aspettare 30 minuti prima di lavare i denti.

L’odontoiatra può valutare l’eventuale ripristino dell’integrità dei denti compromessi con otturazioni o protesi, mentre l’igienista dentale deciderà in base alla collaborazione del paziente la frequenza delle sedute di controllo e igiene e l’applicazione dopo queste ultime di prodotti remineralizzanti (gel, mousse o vernici protettive).

Secchezza della bocca e alitosi
La riduzione drastica di alcuni alimenti o il loro consumo eccessivo possono portare a un impoverimento della quantità e della qualità della saliva; questo processo è particolarmente dannoso per la bocca, poiché la saliva svolge un ruolo fondamentale a livello protettivo e lubrificante, e può portare a:

  • maggiore formazione di placca e tartaro
  • facilitata formazione di carie
  • comparsa di infiammazione gengivale (rossore, gonfiore, sanguinamento, dolore, mobilità dentale)
  • difficoltà a ingerire il cibo e inappetenza
  • sensazione di secchezza della bocca (xerostomia) o bocca che brucia
  • alitosi (la saliva infatti ha una importante azione “tampone” e attutisce molto cattivi odori e sapori)
  • labbra screpolate
  • dolori alle ghiandole salivari.

Va segnalato che anche alcuni farmaci utilizzati per la cura dei DNA possono portare allo sviluppo di questi sintomi, ma è assolutamente necessario non sospendere queste terapie senza il consulto del proprio medico specialista di riferimento, senza paura di segnargli l’eventuale comparsa di uno o più fastidi sopra indicati.
Per migliorare la qualità e la quantità della saliva è consigliabile:

  • bere almeno 1,5 litri d’acqua al giorno
  • utilizzare sostitutivi salivari o stimolatori salivari (gel, spray o collutorio)
  • ridurre assunzione prodotti alcolici e molto salati
  • fare sciacqui frequenti con bicarbonato per ridurre acidità del cavo orale
  • masticare gomme allo xilitolo per aumentare flusso salivare (sotto supervisione del gastroenterologo e/o del nutrizionista)
  • smettere di fumare
  • succhiare un cubetto di ghiaccio o l’utilizzo di un sostitutivo salivare prima dei pasti in caso di
    masticazione e deglutizione difficile o dolorosa
  • valutare con l’odontoiatra o l’igienista dentale l’effettiva situazione salivare con test ad hoc.

Altri disturbi legati ai DNA
Tra le manifestazioni più frequenti nei pazienti affetti da DNA con comportamenti di vomito autoindotto o rigurgito si segnalano anche:

  • l’infiammazione delle ghiandole salivari, dolenti e gonfie per essere spesso iperstimolate a produrre una saliva qualitativamente scarsa e molto densa (si vedano sopra i comportamenti da attuare per prevenire tali disturbi)
  • dolori alle articolazioni della mascella e della mandibola, che vengono trattate dall’odontoiatra,
    dall’osteopata e dallo gnatologo e che non devono essere sottovalutati nell’ottica di una sensazione di benessere al momento dei pasti per il Paziente
  • lingua bianca (Candida) e problemi alle mucose (afte, ulcere…): l’ambiente acido del cavo orale
    che favorisce la proliferazione batterica e mitotica o dalla ridotta assunzione o assimilazione di
    vitamine e sali minerali (vitamina C, vitamina K, ferro, zinco…); questi disturbi vanno trattati
    sotto supervisione e prescrizione medica con antimicotici, antibatterici o integratori alimentari.

Per concludere, BDD Studio Dentistico si augura che questo articolo possa essere stato utile a far comprendere che il team odontoiatrico, può:

  • fungere da “sentinella”, evidenziando un possibile problema di DNA già fin dalle sue
    prime manifestazioni
  • in collaborazione con psicologi e medici specialisti aiutare a realizzare un piano di cura e
    prevenzione delle manifestazioni orali dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione.

Questo percorso va attuato con massima attenzione alle esigenze del Paziente, accompagnandolo
e supportandolo passo-passo nello stare meglio a livello fisico e psicologico, ritrovando un sorriso
sano e bello.


Oltre all’opportunità di divulgare alla nostra propria Pazientela un importante messaggio, la ragione per cui BDD Studio Dentistico ha deciso di partecipare alla Settimana lilla 2024 è il desiderio di far comprendere l’importanza di creare collaborazioni tra professionisti, al fine di supportare al meglio i Pazienti che si trovano ad affrontare genere di problematica.

CASA DI CURA “B. PALAZZOLO” DI BERGAMO

Anche il CDCA (Centro per la diagnosi e cura per i Disturbi del Comportamento Alimentare) e Sc(Hi)acciaDCA della Casa di Cura “B. Palazzolo” di Bergamo parteciperanno, entrando in rete con la Fondazione Maria Bianca Corno e gli altri partner.

L’équipe del centro è composta da medici (internista e psichiatra), educatori, dietiste, psicoterapeuti (ad indirizzo analitico, cognitivo comportamentale, sistemico-familiare), infermieri, operatori socio sanitari e ausiliari, coinvolti nei programmi riabilitativi residenziali.

Si avvalgono di un modello di trattamento multidisciplinare per la cura dei disturbi alimentari, con percorsi previsti come possibili programmi terapeutici di tipo ambulatoriale e residenziale.

Il CDCA propone anche presa in carico delle famiglie, necessaria per le/i pazienti minorenni.

Scopri di più sui loro siti:

www.schiacciadca.it

www.casadicurapalazzolo.it

GENITORI E ISTITUZIONI A CONFRONTO

L’associazione Ilfilolilla ha contribuito all’organizzazione della tavola rotonda ” I Genitori interrogano le istituzioni”, che si è svolta giovedì 1 dicembre 2022, presso la “Sala Pirelli” di Palazzo Pirelli – Regione Lombardia.
L’evento è stata una importante e partecipata occasione per capire l’intervento di Regione Lombardia in merito alle problematiche ed alla cura dei Disturbi Alimentari.

Di seguito il link per vedere l’intero evento:

https://mediaportal.regione.lombardia.it/portal/watch/vod/16734

I PRIMI COLLOQUI

ETICA DELL’ASCOLTO E TRATTAMENTO PRELIMINARE DELLA DOMANDA

Quando un soggetto, mosso da una sofferenza, si rivolge a un professionista della salute mentale si apre un tempo dedicato a raccogliere le parole che il paziente articola attorno al proprio disagio, tempo che definiamo dei primi colloqui.

I primi colloqui in ABA

I primi colloqui in ABA hanno uno statuto preciso che viene di seguito illustrato con riferimento alle
peculiarità di un metodo, messo a punto in tanti anni di lavoro con i disturbi alimentari e le dipendenze, che prevede la presa in carico del paziente da parte di una équipe multidisciplinare. I colloqui preliminari nei centri ABA si svolgono di norma in tre sedute che funzionano da ponte tra lo spazio di accoglienza gratuito e il vero e proprio avvio della terapia.
Le modalità con le quali un soggetto decide di contattare ABA e di avviare un percorso di cura sono le più varie: vi sono casi in cui la persona, mossa da una sofferenza, assume autonomamente l’iniziativa di chiedere aiuto e casi in cui la scelta di rivolgersi al centro è orientata da familiari, medici o terapeuti. Il dispositivo dei colloqui preliminari è studiato per lasciare ad ognuno un congruo spazio per raccontarsi e contemporaneamente guidare la raccolta delle informazioni in modo da definire un programma idoneo a quel particolare paziente, come “un vestito cucito su misura”.
Nell’arco delle tre sedute si accoglie principalmente la parola della persona sofferente; allo psicologo il compito di inserirsi in modo opportuno nel racconto per estrarre le informazioni più rilevanti sulla storia di vita e sul sintomo. Il colloquio clinico ha così la funzione di fornire un primo spazio per ordinare gli elementi che costituiscono la domanda di cura del soggetto e comporre un quadro utile a stabilire se la strada più indicata sia quella della terapia individuale o di gruppo, se sia auspicabile affiancare un supporto medico-nutrizionale e/o psichiatrico.

La domanda e l’ascolto

È utile, in prima istanza, distinguere il piano della motivazione da quello della domanda. La motivazione si esprime a livello della coscienza e può essere dichiarata dal paziente in seduta, quando ad esempio si trova a spiegare le ragioni del percorso che ha deciso di intraprendere; la domanda ha invece sempre un versante inconscio che rappresenta ciò a cui il clinico deve prestare principalmente attenzione. Cosa sta chiedendo davvero il soggetto? La risposta è contenuta nel testo stesso del paziente, nel suo discorso.
Siamo nel campo di una clinica dell’ascolto che si distingue dalla clinica dello sguardo, peculiare dell’approccio medico-psichiatrico in cui il soggetto è fatto oggetto di una classificazione. La clinica dell’ascolto è una clinica della singolarità, dell’uno per uno, orientata da un’etica che si declina nella non standardizzazione del trattamento e nell’attenzione al testo del paziente in cui, si è certi, risiede il tesoro della sua soggettività.
La dimensione etica consiste dunque nel fatto che il clinico non assegna centralità al proprio sapere ma sa mettersi al cospetto di un soggetto unico che ha un proprio discorso da sviluppare, discorso a cui deve essere lasciato il tempo e la libertà di dispiegarsi senza forzature. Ciò comporta che il terapeuta si astenga dall’intervenire in modo da incanalare la parola del soggetto nei rivoli delle proprie conoscenze teorico-cliniche.
Si tratta piuttosto di permettere al paziente di cogliere quanto sta dicendo, di mostrargli quanto a lui sfugge di ciò che dice, o di fermarsi sui punti di esitazione o insistenza del discorso, sugli inciampi, sui lapsus, che denotano un cedimento della padronanza dell’io, vacillamento prezioso perché apre uno spazio di lavoro nuovo, quello del soggetto dell’inconscio.
Nel dispositivo analitico deve avvenire per il paziente il momento della “rettificazione soggettiva” che segna l’evoluzione dalla lamentela alla responsabilità, dalla tendenza ad individuare nell’Altro la causa dei propri disagi all’assunzione della propria posizione di soggetto nel riconoscimento del ruolo che ciascuno gioca nella sofferenza che denuncia.
Questo riconoscimento in alcuni casi, come in quelli di soggetti abusati, può suonare scandaloso e paradossale: eppure assumere la propria parte di responsabilità significa, anche nelle evenienze più tragiche, decidere cosa fare di quello che gli altri hanno fatto di noi. Si può scegliere di restare nella posizione di vittima o fare qualcosa della propria storia.

La diagnosi

L’ipotesi diagnostica, lungi dal diventare un’etichetta che ostacola la capacità del clinico di orientare la cura sostenendo e accogliendo la particolarità di ogni caso, è utile al terapeuta ad assumere la posizione più indicata per quel dato paziente. I disturbi alimentari e le dipendenze pongono una specifica difficoltà a questo livello; Domenico Cosenza afferma: “L’opacità strutturale in molti casi di anoressia, bulimia, obesità è determinata infatti in primis dall’azione compensatoria della patologia alimentare, che produce un effetto di chiusura della divisione soggettiva nelle nevrosi, e di occultamento della frammentazione nelle psicosi”[1]. Le dipendenze si presentano come circuiti autarchici di godimento.
A differenza del sintomo, classicamente inteso come enigma da decifrare, nelle dipendenze ci troviamo in presenza di un soggetto che si è costruito un nuovo partner, il partner sostanza, che non tradisce, non abbandona, non manca. Nella clinica delle dipendenze l’oggetto non è separato, ma sempre presente. C’è, inoltre, nel paziente una particolare difficoltà a livello del funzionamento simbolico, una compromissione della capacità di metaforizzare da cui dipende, in parte, la complessità diagnostica.
I soggetti affetti da una dipendenza mostrano una dimensione di certezza; compito del terapeuta è cogliere se questa certezza è un indicatore di struttura, e pertanto il disturbo alimentare o la dipendenza devono essere maneggiati con cautela perché hanno una funzione precisa per il soggetto, o si tratta di una certezza annodata ad una organizzazione chiusa di godimento che è possibile trattare preliminarmente per portare il sintomo a statuto di metafora.
Il tema del rifiuto, emblematico della sintomatologia anoressica, è centrale nella clinica dei disturbi alimentari. Di che tipo di rifiuto si tratta, di un rifiuto che interpella l’Altro a livello del desiderio o
di un rifiuto originario del soggetto in rapporto all’Altro?
I colloqui preliminari sono l’osservatorio privilegiato attraverso il quale si assiste al dispiegarsi delle
questioni singolari di un soggetto, rappresentano inoltre il punto di avvio della direzione di una cura
che tenga conto del carattere di unicità che presenta ciascuna costituzione soggettiva.

Bassols M., L’atto di entrata, in Maiocchi M. T. (a cura di), Il lavoro di apertura. Per una strategia dei
preliminari, Franco Angeli, Milano 1999.
Cosenza D., Il cibo e l’inconscio, Psicoanalisi e disturbi alimentari, Franco Angeli, Milano 2018.
Laurent E., L’elefante e la giraffa: tempi nella cura, in Maiocchi M. T. (a cura di), Il lavoro di
apertura. Per una strategia dei preliminari, Franco Angeli, Milano 1999.
Recalcati M., La pratica del colloquio clinico. Una prospettiva lacaniana, Raffaello Cortina Editore,
Milano 2017.
[1] Cosenza D., Il cibo e l’inconscio, Psicoanalisi e disturbi alimentari, Franco Angeli, Milano 2018,
p. 63.

Dott.ssa Giorgia Lagattolla – Psicologa, psicoterapeuta specializzata in psicoterapia psicoanalitica Membro équipe ABA