I MOMENTI DI KLINÉ

Kliné ritiene che, oltre ai familiari, occorra senz’altro supportare gli insegnanti poiché, nel loro contatto quotidiano con gli studenti, possono trovarsi a leggere le avvisaglie di un malessere che, tendenzialmente, viene negato.

Dall’esperienza maturata in diverse scuole superiori, emerge che le questioni legate ai disagi alimentari che gli insegnanti si trovano ad affrontare sono molteplici: fare fronte alla negazione del problema, gestire le “cadute” scolastiche – quando anche il passaggio da un 9 a un 8 può risultare intollerabile -, affrontare il momento dei pasti durante un viaggio di istruzione, incontrare fenomeni di emulazione in classe e, non ultimo, gestire quotidianamente la propria impotenza. Gli insegnanti che si trovano a contatto quotidiano con ragazzi affetti da un disturbo alimentare, anche quando riconoscono i sintomi, si trovano immancabilmente a fare i conti con una posizione di rifiuto di qualsiasi forma di aiuto che porta ansia e frustrazione.

I criteri di classificazione dei disturbi alimentari sono chiaramente delineati nel DSM 5 – Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders -, ma la prevenzione e il riconoscimento dei primi segnali di difficoltà sono una questione diversa.

Se da un lato occorre sensibilizzare i professori e renderli più capaci di individuare e aiutare i ragazzi in un tempo anticipato per trovare un’altra via di trattamento del disturbo, dall’altro Kliné non crede in un sapere tecnico apparentemente infallibile e preconfezionato. Quello che si offre agli insegnanti è, piuttosto, uno spazio di ascolto, di confronto e di contenimento dell’ansia che, di riflesso, può produrre effetti terapeutici anche per i ragazzi in difficoltà con cui si relazionano.

Il disagio psicologico parte dal fatto che qualcosa non va, senza che il soggetto riesca a rendersi ben conto di cosa. A volte prende la forma di un sintomo circoscritto, di un fenomeno corporeo, di un pensiero ossessivo, di un’inibizione o di un desiderio bloccato, altre volte si tratta di un disagio indefinito, senza nome, che diventa angoscia, o panico. Per dare qualche esempio pratico, può succedere che un soggetto viva un disagio alimentare che si traduce in una discontinuità del rendimento scolastico, in una chiusura relazionale o in un cambiamento corporeo, ma nessuno di questi segni è di per sé inequivocabile.

La complessità maggiore consiste proprio nell’avere a che fare con l’incertezza e la negazione, non disporre di evidenze chiare su cui appoggiarsi. La caduta negli stereotipi, che spesso si incontrano (es. l’anoressia è causata dalla esaltazione mediatica del corpo magro delle modelle) è una risposta facile alla difficoltà a maneggiare un argomento sfuggente; gli stereotipi sono una risposta seriale, univoca, a problemi diversi, semplificano e pacificano ma, allo stesso tempo, chiudono il discorso, non lasciano spazi per letture nuove.

Gli psicoterapeuti di Kliné ritengono che la psicoanalisi possa svolgere il compito di tenere aperto il discorso sociale per incorporare la singolarità di ciascuno, una per una.